Dal Nobel ad Auschwitz

Ogni nuova scoperta e ogni nuova tecnologia sono buone in sé. L’uso che ne fa l’uomo le rende diverse.

Fritz Haber era un chimico ebreo tedesco giudicato da molti un vero genio. Prima di passare alla storia con ben altro apporto, aveva ideato un metodo innovativo per ottenere ammoniaca dal contatto di un composto chimico con l’aria, quanto bastava per rivoluzionare il mondo dei fertilizzanti e dell’agricoltura su larga scala.
Osannato da tutti, la grande scoperta gli valse il premio Nobel per la chimica nel 1918. Un eroe? Non proprio.

Che lo stesso principio potesse aprire ad altri scenari gli fu chiaro da subito e nella Prima guerra mondiale al servizio della Germania, mise a punto diverse armi chimiche che contribuirono a reinterpretare la forza militare nazionale e il potenziale dei mezzi a disposizione.
Tra questi, i gas letali e la loro capacità di uccidere contemporaneamente più persone. La partecipazione al conflitto costò al chimico l’accusa di crimini di guerra, costringendolo a fuggire per un breve periodo.

Convinto di aver brillantemente assolto i doveri alla Nazione, Haber riprese gli studi sui pesticidi e fu proprio la formazione di un composto dal nome Zyklon A (ciclone, in tedesco) a farlo diventare il padre del gas che uccise milioni di ebrei durante la Seconda guerra mondiale.

Camere a gas nella Germania nazista

Si trattava di un prodotto utilizzato per la disinfestazione di pidocchi e parassiti, pericoloso per chi lo maneggiasse senza le giuste cautele e per questo dotato al suo interno di un agente irritante che agiva da allarme in caso di vicinanza.
Quando le follie naziste iniziarono a colpire gli ebrei, persino lui, il grande chimico, fu costretto a scappare.
“Se la scienza non può fare a meno degli ebrei, noi in pochi anni faremo a meno della scienza” aveva sentenziato il fuhrer a chi cercava di risparmiare Haber per i grandi meriti.
Dopo aver vissuto nelle grazie del popolo tedesco per tanti anni, adesso diventava un rifiuto, di razza inferiore, da isolare e annientare.
Morì nel 1934, tra una fuga e l’altra, prima di conoscere gli sviluppi criminali delle sue ricerche e scoprirsi responsabile del più grande sterminio senza pietà dei suoi simili.

La sua ultima creazione chimica, riformulata e sottratta dell’agente irritante che doveva salvare la vita, si trasformava nel terrificante gas che nei campi di concentramento di Auschwitz e Majdanek compiva la soluzione finale della pulizia etnica: lo Zyklon B.

Zyclon B
Scatole di Zyklon B usate nei campi di sterminio.

Con soli 5 chilogrammi del composto si uccidevano dalle mille alle duemila persone e con le braccia in alto per occupare meno spazio, con un certo impegno, si potevano raggiungere numeri più alti.

L’ingresso e la rimozione successiva dei corpi erano le fasi più lunghe perché, quando le camere a gas venivano chiuse dall’esterno, tutto si risolveva nel breve tempo di circa mezz’ora: l’agente tossico penetrava dalle docce, soffocando chi lo respirava.
Per mezzo del Zyklon B morirono circa un milione e mezzo di ebrei tra donne e bambini, anziani, gli inutili del campo, fino a sei mila al giorno.


L’uomo dimentica velocemente e il passato ritorna sotto mentite spoglie. Se i nostri vuoti di memoria sono una deriva pericolosa per il futuro dell’umanità, riempire quei vuoti di significato rappresenta l’unica via di salvezza.

Genni Piras