Che fine ha fatto la prima pietra ?

Il porto e la nautica a La Caletta. Parte I.

Era maggio del 1957 quando fu posata la prima pietra, con tanto di pergamena firmata da una schiera di autorità politiche e marittime presenti in pompa magna, e con la somma benedizione degli ecclesiastici scesi per l’occasione anche da Nuoro.

A diventare firmatari casuali di questo importante evento anche alcuni cittadini, scelti tra i curiosi tutto intorno, accorsi numerosi.
Si trattava di un enorme masso in calcestruzzo di circa un metro e mezzo per un metro e mezzo, giusto per rendere l’idea, ed era stato realizzato dalla ditta incaricata dei lavori quando erano prossimi a cominciare.

Quando la simbolica prima pietra venne sistemata sul lato est dello storico bar Cambosu, di fronte a sé c’era ancora una bellissima insenatura di sabbia bianca pronta a essere sacrificata in nome del progresso. Nessuna contestazione però tra la gente, al contrario la speranza di ricadute provvidenziali per lo sviluppo economico e turistico locale.

Spiaggia del porto

Che il porto potesse cambiare i connotati della zona era più di una semplice sensazione e in effetti il progetto era ambizioso, anche nella dimensione.
Finanziato dalla Legge Regionale Piano di rinascita del 1952/53, puntava a innalzare La Caletta a punto di riferimento per la nautica da diporto e per il commercio marittimo nell’area orientale dell’isola.
E, negli anni a venire, il sogno per alcuni e l’incubo per altri di vederlo passare a livelli più alti è sembrato a un passo dal concretizzarsi più volte.

Classificato porto di 4° classe secondo il codice della navigazione, erano ammesse attività polivalenti ma per oltre un decennio dalla nascita, l’unica funzione svolta fu quella commerciale.



Eravamo ben lontani dalla nautica per scopi sportivi e ricreativi che oggi occupa una parte cospicua delle disponibilità. I pochi avventori si ancoravano ai corpi morti lasciati cadere sul fondale perché i sistemi di ormeggio alla banchina con trappe e catenarie verranno introdotti successivamente.

Dai miei illustri informatori, scopro che La Caletta era stato un approdo strategico già nel secolo precedente alla costruzione del porto e che lo stesso nome della frazione provenisse da un più popolare La Calitta, assegnato proprio dai naviganti.

Il Giudice siniscolese Giovanni Francesco Conteddu descrive nei suoi diari i trasferimenti via mare verso Cagliari. Sappiamo che le navi di linea Florio & Rubattino, la compagnia di navigazione siciliana che diede sostegno a Garibaldi nella Spedizione dei Mille e assorbita da Tirrenia nel 1936, univano Genova e Livorno alla Sardegna, e al largo di La Caletta imbarcavano passeggeri con cadenza quindicinale (da L’Altalena sul Tirreno di Elettrio Corda).

Ecco incastrarsi la testimonianza dello scrittore cremonese Grasselli Barni che appassionato di caccia, raggiungeva l’isola sbarcando a La Caletta. Siamo alla fine del 1800.

In questo periodo, transitavano anche alcune merci che, caricate su piccole imbarcazioni a riva, venivano trasbordate nei grandi bastimenti ancorati più al largo.
C’era il carbone vegetale, prodotto in più parti della Sardegna, e i minerali estratti nella miniera di Sos Enattos nel comune di Lula.
Pare che la società impegnata nelle attività estrattive avesse anche partecipato attivamente alla formazione di una viabilità diretta tra la miniera e la costa calettiana.

Motonavi in porto. Foto di proprietà di Paolo Conteddu

Con l’avvento del combustibile da petrolio il commercio del carbone va piano piano a morire ma il mare di La Caletta non smette di essere attrattivo ed è proprio con la costruzione del porto che inizia un periodo di grande fervore.

Dalla Toscana arrivano cereali e materiali per l’edilizia, e chi non ricorda o non ha mai sentito parlare delle cataste di birra Peroni provenienti da Napoli, parcheggiate lungo il perimetro del porto? Tutta la birra bevuta nel nord Sardegna in quegli anni, e non doveva essere poca, aveva percorso le nostre strade in direzione dei centri di smistamento di Nuoro e Sassari.

E poi il Talco di Orani esportato oltremare, le cucine Salvarani in arrivo da La Spezia, i macchinari da inserire nel ciclo produttivo della fabbrica La Marfili, spediti dal Belgio e, ancora, il materiale utilizzato nella realizzazione durata tre anni della centrale elettrica del Taloro.

Il porto di La Caletta era un approdo favorevole e qua, in quegli anni, passa di tutto! Quando nel vicino porto di Olbia si intensifica l’imbarco dei camion merci sui traghetti, a costi notevolmente ridotti, l’era dei bastimenti finisce e, con lei, lo slancio commerciale che aveva animato La Caletta fino agli inizi degli anni 70.


Una curiosità: faceva tappa a La Caletta il Vincenzo Onorato, un bastimento in ferro impiegato nel trasporto di cabotaggio di merci e battezzato così dal nonno del noto armatore. Quel bambino oggi è un protagonista indiscusso dei collegamenti marittimi isolani. Per la cronaca, anche la famiglia Onorato è costretta in quegli anni a una rapida riconversione dei propri interessi e tutti sappiamo come va a finire.

Nel porto di Olbia a crescere è anche il numero dei passeggeri in transito: una crescita impressionante.
E quando uno studio della Camera di Commercio di Nuoro accerta che la maggior parte di quei passeggeri percorre la SS 125 Orientale Sarda in direzione Sud verso i luoghi di villeggiatura, sfiorando le porte di casa, qualcuno pensa di approfittarne.

Con l’intenzione di intercettare parte di quei flussi, nasce una società misto pubblico-privata di imprenditori per lo più nostrani, insieme al Consorzio Industriale di Siniscola e la Comunità Montana.
Nell’agosto del 1992, dopo essere rimasto fermo in banchina per due mesi, bloccato dalla Capitaneria di Porto per contestazioni al sistema antincendio, compie il primo viaggio un mezzo avveniristico mai visto prima dai più: il catamarano.

Catamarano, 1992. Foto proprietà di Radio La Caletta

Era capace di raggiungere Civitavecchia in sole tre ore e mezzo, praticamente scivolando sull’acqua. Un successo inaspettato! Due attraversate al giorno per 450 posti a sedere e fino a 90 auto. La stima è di 20-25 mila passeggeri accolti in due mesi.

Una follia però, che solo per il noleggio dell’imbarcazione costava alla società nascente svariati milioni di vecchie lire al mese.

Quando prese il largo per la prima volta, il catamarano aveva già prodotto un sostanzioso debito e recuperare quei soldi non era semplice.

Si trattava di una imbarcazione poco adatta a viaggiare con il mare grosso e questo rendeva incerta la programmazione. Il rapporto auto/passeggeri, inoltre, era completamente sbilanciato e non consentiva a tutte le famiglie a bordo di muoversi con un veicolo al seguito. Lacune che sommate ai consumi eccessivi portarono a un rapido peggioramento della situazione finanziaria e quindi alla decisione di sospendere il servizio.



La nautica di La Caletta ha tantissimo da raccontare e venerdì prossimo continueremo il nostro viaggio.

A proposito, dimenticavo.
La prima pietra sparì da un giorno all’altro intorno alla fine degli anni 80 per decisione dell’autorità marittima locale. Approfittando della presenza di mezzi meccanici e palombari, era stata rimossa e buttata in mare insieme ai massi di pietra calcarea ricavati dalla cava di Ghiramonte a Siniscola, utilizzati per le barriere frangiflutto di protezione al porto.

Un vero peccato e una grave leggerezza: la storia è soprattutto lungimiranza.

Genni Piras