Adriano Olivetti: il visionario che ridisegnò l’industria italiana
Adriano Olivetti (1901-1960) non fu semplicemente un industriale di successo; fu un vero e proprio innovatore, un pensatore illuminista che rivoluzionò il concetto di impresa e il suo ruolo nella società italiana del Novecento.
Il suo nome è legato a macchine da scrivere e calcolatori, la sua visione andava ben oltre i confini della produzione industriale, proiettandosi verso un modello di impresa profondamente integrato nel tessuto sociale.
Era un uomo capace di anticipare il futuro, intuendo le potenzialità dell’elettronica in un’epoca in cui essa muoveva i primi passi, ma la sua lungimiranza si estendeva anche al suo ruolo etico e civile dell’azienda.
La sua visione andava ben oltre i confini della produzione industriale, proiettandosi verso un modello di impresa profondamente integrato nel tessuto sociale, culminando nel suo ambizioso progetto della “Comunità”.
Il progetto di “Comunità” rappresentava una visione olistica e profondamente innovativa dello sviluppo territoriale e del suo ruolo dell’impresa nella società.
Non si trattava di un semplice piano urbanistico o di un insieme di iniziative sociali isolate, ma di un modello integrato che mirava a trasformare il territorio di Ivrea e idealmente, a ispirare un nuovo modo di concepire la convivenza civile ed economica.
Olivetti immaginava un superamento della tradizionale separazione tra città e campagna, con un territorio in cui industria e agricoltura coesistessero in armonia, valorizzando le risorse locali e creando sinergie tra i diversi settori economici, ben lontano dall’idea di una città isolata, bensì un sistema territoriale equilibrato.
Questo si traduceva in un’integrazione funzionale, con la creazione di infrastrutture e servizi pensati per l’intera comunità, non solo per i dipendenti dell’Olivetti, includendo scuole, ospedali, centri culturali, spazi versi e sistemi di trasporto efficienti e accessibili a tutti.
Pur guardando al futuro e alla modernizzazione, Olivetti riconosceva l’importanza della storia e della cultura locale, mirando a preservare e valorizzare le specificità del territorio di Ivrea e del Canavese.
Ciò implicava un’estesa responsabilità sociale, con investimenti in infrastrutture, culture e servizi per tutti i cittadini.
Olivetti credeva fermamente nel coinvolgimento dei lavoratori nella vita dell’azienda e della comunità, promuovendo forme di partecipazione alla gestione aziendale e incoraggiando l’impegno civico dei dipendenti.
L’attenzione al loro benessere andava oltre l’aspetto economico e le condizioni di lavoro, includendo l’accesso alla cultura, all’istruzione, allo sport e a un ambiente di vita salubre.
Il modello comunitario auspicava una stretta collaborazione tra l’azienda, le istituzioni locali e i cittadini nella gestione dello sviluppo del territoriale, non come un progetto imposto dall’alto, ma come un processo partecipativo.
Olivetti immaginava una maggiore autonomia decisionale per le comunità locali, in linea con i principi del federalismo e del regionalismo, convinto che le decisioni più efficaci fossero quelle prese a livello locale, conoscendo le specifiche esigenze del territorio.
Al centro di questo progetto vi era la valorizzazione della persona umana in tutte le sue dimensioni: lavorativa, sociale, culturale, e spirituale, con l’obiettivo ultimo di creare un ambiente in cui ogni individuo potesse realizzarsi pienamente.
Sotto la sua guida, Ivrea divenne un laboratorio di architettura moderna e funzionale, con la costruzione di fabbriche integrate nel paesaggio, quartieri residenziali con servizi, asili nido, mense aziendali e centri sociali.
L’Olivetti promosse numerose iniziative culturali, tra cui la creazione di biblioteche aziendali e centri sociali, il sostegno a progetti artistici e la fondazione della casa editrice Comunità.
Sebbene il progetto nella sua interezza non sia stato pienamente realizzato, la sua visione della “Comunità” influenzò profondamente il dibattito politico e sociale italiano degli anni ’50 e ’60, rappresentando un’alternativa al modello di sviluppo industriale centralizzato e alienante, e i segni di questa visione rimangono ancora oggi visibili nel tessuto urbano e sociale di Ivrea, continuando a ispirare riflessioni sul futuro del rapporto tra impresa, società e territorio.
Cristina Oggiano