Dalla Sardegna a Palermo: il coraggio antimafia delle sorelle Pilliu
Nella Palermo degli anni ottanta, un periodo buio segnato dalla violenza e dal potere oppressivo della mafia, due donne sarde trapiantate in Sicilia, Maria Rosa e Savina Pilliu, si eressero a simbolo di coraggio e di tenacia.
Sebbene non si abbiano dettagli specifici sulla loro storia familiare a Lanusei, la loro identità sarda e i valori appresi nella loro terra d’origine giocarono probabilmente un ruolo nel loro coraggio e nella loro determinazione.
Tutto ebbe inizio quando un costruttore senza scrupoli, legato a Cosa Nostra, mise gli occhi sulle modeste abitazioni delle sorelle Pilliu, situate in una zona strategica di Palermo.
L’obiettivo era chiaro: radere al suolo le loro case per far posto a un’ambiziosa speculazione edilizia.
Di fronte alle allettanti offerte di denaro, Maria Rosa e Savina non esitarono un istante, opponendo un fermo rifiuto. Un “no” che avrebbe segnato l’inizio di un lungo e tormentato calvario.
Un rifiuto che non fu dettato solo dall’attaccamento alla loro casa, ma da un profondo senso di giustizia e da un’indignazione morale, verso la logica prevaricatoria della mafia.
La reazione della mafia non si fece attendere. Le sorelle Pilliu divennero rapidamente bersaglio di una spirale di intimidazioni sempre più inquietanti. Minacce verbali, spesso velate ma dal significato inequivocabile, si alternarono a danneggiamenti materiali alle loro proprietà, piccoli atti vandalici che miravano a minare la loro resistenza psicologica.
La loro vita quotidiana fu costellata di episodi inquietanti, di sguardi minacciosi e di silenzi carichi di presagi. L’obiettivo era chiaro: isolarle, spaventarle, costringerle alla resa.
Tuttavia, la strategia mafiosa si scontrò con la tempra delle sorelle Pilliu. Lungi dal cedere alla paura, Maria Rosa e Savina trasformarono la loro indignazione in una forza propulsiva.
Decisero di non rimanere in silenzio, di non piegarsi al giogo dell’omertà che avvolgeva Palermo. Con un coraggio ammirevole, intrapresero una battaglia legale, un percorso tortuoso e pieno di ostacoli in un sistema giudiziario che spesso sembrava impotente di fronte al potere mafioso.
Si rivolsero alle istituzioni, denunciando con lucidità e fermezza le angherie subite. Incontrarono magistrati coraggiosi, figure isolate che lottavano in prima linea contro la criminalità organizzata.
Tra questi, Paolo Borsellino comprese immediatamente la portata simbolica della loro resistenza. Vide in quelle due donne sarde non solo delle vittime, ma dei potenziali alleati nella lotta per la legalità.
Il suo sostegno, la sua attenzione umana e professionale, rappresentarono una boccata d’ossigeno in un clima di diffidenza e di isolamento.
La vicenda delle sorelle Pilliu divenne un caso emblematico, portando alla luce le oscure trame che legavano la mafia a settori insospettabili della società palermitana.
La loro determinazione nel difendere la propria casa si trasformò in una denuncia pubblica di un sistema corrotto e violento.
La loro resistenza silenziosa, ma tenace, incrinò quel muro di omertà che proteggeva i boss e i loro complici, gettando un fascio di luce sulle dinamiche perverse del potere mafioso.
Oggi, la vicenda delle sorelle Pilliu continua ad essere un’ispirazione, un promemoria potente che la lotta alla mafia è un impegno quotidiano, fatto anche di piccoli, ma significativi atti di ribellione contro l’ingiustizia.
Cristina Oggiano
Per approfondimenti: Balarm.it, l’intervista a Savina Pilliu
Diversi video sulle sorelle Pilliu, possono essere consultati su youtube
P.M. Lillo, “Io posso. Due donne sole contro la mafia” edizione Feltrinelli anno 2021
