Misteri

Volpe 132” per non dimenticare

Il 2 marzo 1994, una tranquilla giornata si trasformò in tragedia al largo di Capo Ferrato, nel sud-est della Sardegna.

L’elicottero della Guardia di Finanza Volpe 132 precipitò misteriosamente nelle acque antistanti la costa, portando con sé le vite del maresciallo Gianfranco Deriu, 42 anni, originario di Cuglieri, e del generale di brigata Fabrizio Sedda, 28 anni, di Ottana.

A distanza di trent’anni, le circostanze di quell’incidente rimangono avvolte in un velo di domande irrisolte, alimentando teorie e congetture che vanno ben oltre la semplice fatalità.
Il Volpe 132 era decollato dall’aeroporto di Cagliari-Elmas per una missione di ricognizione sulla costa sud-orientale dell’isola, un’area notoriamente sensibile al contrabbando e al traffico di droga. A bordo, due uomini di spicco della Guardia di Finanza: Deriu, esperto pilota con anni di servizio, e Sedda, giovane ufficiale in rapida ascesa, considerato una promessa dell’Arma.

Le comunicazioni si interruppero improvvisamente intorno alle 11:30 del mattino, lasciando presagire il peggio.
Le ricerche, scattate immediatamente, portarono al ritrovamento di alcuni rottami dell’elicottero e, purtroppo, dei corpi dei due militari.

L’inchiesta ufficiale concluse che la causa della caduta fosse un cedimento strutturale o un’avaria meccanica. Tuttavia, fin da subito emersero numerosi elementi che alimentavano il dubbio. L’elicottero era considerato in perfette condizioni, recentemente revisionato e privo di anomalie note. Le condizioni meteorologiche erano ottimali, escludendo l’ipotesi di fattori esterni come forte vento o scarsa visibilità. Una delle ipotesi più persistenti, e mai del tutto smentita, è quella di un abbattimento.

La Sardegna, in quel periodo, era crocevia di traffici illeciti internazionali e non era raro che le forze dell’ordine si scontrassero con organizzazioni criminali ben armate.
Si parlò di possibili colpi di arma da fuoco, anche se nessuna prova definitiva fu mai trovata sui rottami recuperati. L’area dell’incidente, inoltre, era vicina a poligoni militari, alimentando speculazioni su possibili esercitazioni non dichiarate o, ancora più inquietante, sul coinvolgimento di forze esterne.


Un aspetto cruciale che ha sempre alimentato i sospetti riguarda il ritrovamento dei frammenti.
Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un elicottero precipitato in un punto preciso, alcuni, ma non tutti, dei rottami del Volpe 132 furono rinvenuti molto più a nord, davanti a Feraxi. Questa anomalia geografica ha sollevato forti interrogativi sulla dinamica dell’incidente.

Come avrebbero potuto frammenti disperdersi su un’area così vasta, e in direzioni apparentemente incoerenti con un singolo punto d’impatto? Non lontano da dove furono trovati questi frammenti più a nord, alcuni testimoni, ascoltati con un lungo e anomalo ritardo, affermarono di aver visto una nave mercantile, la Lucina. La nave, secondo le testimonianze, avrebbe navigato in quelle acque proprio il giorno dell’incidente. Il dettaglio agghiacciante che rende questa testimonianza ancora più rilevante è che l’equipaggio della Lucina sarebbe stato massacrato qualche mese dopo nel porto algerino di Djindjen.

Questa coincidenza ha alimentato ulteriori speculazioni su un possibile legame tra la caduta dell’elicottero e attività illecite, forse un traffico di armi o droga, in cui la Lucina potrebbe aver avuto un ruolo, o di cui sarebbe stata testimone.

Un altro aspetto che ha sempre sollevato interrogativi è la velocità con cui l’inchiesta fu archiviata e la scarsità di dettagli resi pubblici.
Molti familiari e osservatori hanno lamentato una certa reticenza nel fornire risposte esaustive, lasciando l’impressione che qualcosa fosse stato taciuto o non approfondito a sufficienza.

Nel corso degli anni, il caso del Volpe 132 è stato oggetto di numerose ricostruzioni giornalistiche e dibattiti pubblici, spesso alimentati da testimonianze anonime o da “voci” provenienti dagli ambienti investigativi.

Si è parlato di un terzo uomo a bordo, di un carico “scomodo” che l’elicottero stava trasportando o monitorando, di un’imboscata mirata.

Nessuna di queste teorie ha mai trovato un riscontro ufficiale e inconfutabile, ma la loro persistenza testimonia la profonda insoddisfazione per le conclusioni raggiunte all’epoca.

La figura del generale Sedda, in particolare, ha alimentato molte di queste congetture. La sua giovane età e la sua rapida carriera lo rendevano un elemento “scomodo” per chiunque avesse interesse a operare nell’ombra. Il maresciallo Deriu, dal canto suo, era un militare di grande esperienza, dedito al suo lavoro e ben consapevole dei rischi. La loro morte congiunta, in circostanze così poco chiare, continua a pesare sulla memoria di chi li conosceva.

Trent’anni dopo, il mistero del Volpe 132 rimane una ferita aperta.

Per i familiari di Gianfranco Deriu e Fabrizio Sedda, l’assenza di verità complete e inconfutabili rende impossibile chiudere il capitolo del dolore. La loro memoria è onorata, ma il desiderio di comprendere appieno cosa accadde quel 2 marzo 1994 persiste.

Il caso del Volpe 132 è un monito su come, a volte, la verità possa rimanere intrappolata nelle pieghe di eventi complessi, lasciando dietro di sé solo domande e un profondo senso di ingiustizia.


Cristina Oggiano

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