E’ il mercato, bellezza.

RASSEGNA BIBLIOGRAFICA DEL PRESENTE, a cura di Ruggero Roggio

Qui la prima puntata della rubrica.

Dazi, algoritmi e sanzioni: la democratura è alle porte

Sebbene sino ad oggi siamo complici degli sviluppi descritti da Chris Anderson in “Gratis. Come funzionerà l’economia del futuro” (BUR, 2009) e in “La coda lunga. Da un mercato di massa a una massa di mercati” (Codice Edizioni, 2016), ora un po’ di apprensione destano i vaticini di Nick Lang: “L’umanità diviene intelligibile quando viene sussunta nella tecnosfera, dove l’elaborazione delle informazioni del genoma – per fare un esempio – porta lettura e revisione a una perfetta coincidenza. Descrivere questo circuito che consuma la specie umana significa definire il nostro orizzonte bionico: la soglia della fusione definitiva di natura e cultura, in cui ogni popolazione diventa indistinguibile dalla sua tecnologia” (Nick Lang, Illuminismo oscuro, GOG, 2021, p.145).

Illuminismo oscuro, Nick Lang


Per questo intellettuale, visionario e reazionario, “la democrazia è un male in sé”, convinto che “il futuro appartiene al governo-azienda” (ivi, p.7).
Posizioni personali? Di sicuro, ma rivelatrici di una subcultura profondamente antidemocratica.
Suprematismo bianco, insomma.

Consapevolezza di tutte le derive possibili è presente nella dichiarazione sottoscritta a Bletchley (GB) nel 2023 da trenta Governi sui danni gravi, persino catastrofici della Intelligenza artificiale. Parrebbe il dilemma che perdura ad ogni innovazione tecnologica: apocalittici o integrati. (Si veda Y.N.Harari, Nexus. Breve storia delle reti di informazione dall’età della pietra all’IA, Bompiani, 2024 ed anche J.Haidt, La generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli, Rizzoli, 2024).

Sarà il caso di notare la scelta simbolica di Betchley: durante la II Guerra Mondiale era un centro di crittoanalisi che decifrava i messaggi in codice dei nazisti.



Nel 2021, inoltre, centoquaranta Paesi firmarono l’accordo per l’introduzione di una Global Minimun Tax al 15% per le multinazionali. Con l’accordo del 28 giugno 2025 imposto da Trump “in sede di G7 le principali economie dell’Occidente hanno accettato su pressione americana l’esclusione della Global Minimun Tax delle imprese statunitensi” (Andrea Silvestri, La Repubblica, 7.7.25), evitando – ci informa sempre il ministro del Tesoro USA Bessent – “alle imprese americane di pagare cento miliardi di dollari di imposte a paesi stranieri nel prossimo decennio” (Guido Tabellini, Le guerre commerciali di Trump, La Repubblica, luglio).

E mentre agli USA vanno ascritti i punti di vantaggio dei costi NATO spalmati sui bilanci delle nazioni europee, il fronte compatto del Vecchio continente inizia a mostrare cedimenti: quarantaquattro amministratori delegati di importanti aziende europee (sì, quanto i gatti), chiedono la sospensione del Regolamento UE 2024/1689 cd IA Act (a tutela della “sicurezza, i diritti fondamentali e la natura antropocentrica della AI, nel contempo favorendo gli investimenti e l’innovazione nel settore”) che invece – secondo i firmatari come riporta Francesco Di Ciommo (“AI, sulle regole le aziende frenano”, in Nuova Sardegna) – “comprometterebbero (…) la capacità di tutti i settori di implementare l’intelligenza artificiale su larga scale come richiesto dalla concorrenza globale”.

È il mercato, bellezza!
Potremmo limitarci a prendere atto.

La storia – epocale è la parola d’esordio di queste riflessioni – è studio del cambiamento piuttosto che del passato.
E tra cambiamento (se e come ci sarà) e cambiamenti si tratta di analizzarli, proiettarne gli effetti sul futuro.
Perché non dobbiamo fermarci tra algoritmo libero e benefici fiscali all’USA: va adottata una visione di prospettiva.

Nello scenario di contesto della battaglia dei dazi, Trump ha una vorticosità da tabellone delle partenze in un aeroporto.
Lettere, minacce, percentuali, rinvii, negoziati infiniti. Anche dazi politici: al Brasile, perché Lula sembra accanirsi contro Bolsonaro. Addirittura sanzioni individuali: contro Francesca Albanese, Relatrice speciale delle Nazioni Unite, accusata da Marco Rubio di antisemitismo perché sostiene la causa della Corte Penale Internazionale contro Netanyahu e Gallant nelle violazioni dei diritti umani del popolo palestinese di fronte al consiglio dei Diritti Umani dell’Onu.

UN Photo / Mark Garten

Il suo Rapporto al Consiglio dei Diritti Umani ha un titolo che imbarazza l’umanità “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio“, dove tra l’altro si fa cenno alle tecnologie dual-use (valide cioè per scopi civili e militari) delle Bigtech: Alphabet di Google, Microsoft, Amazon, IBM, Palantir.

Insomma “Il presidente Donald Trump sta rendendo gli attuali conflitti commerciali tra Stati Uniti e Cina un reality show senza sceneggiatura e senza cast fisso” (in A.Aresu, Geopolitica dell’Intelligenza Artificiale, Feltrinelli 2025, p.85). Oggi siamo arrivati a dazi al 30% per UE e Mexico con minaccia di non reagire!



Tutte le misure della presidenza Trump – rinegoziazione dei protocolli Nato e tutela delle Bigtech: IA inclusa – sono dentro ai nuovi paradigmi della postdemocraziala democratura (delle democrazie post-comuniste di Orban e Putin).

Come scrive Ezio Mauro “… abbiamo visto i campioni della Silicon Valley, attirati dal magnete del trumpismo, con la promessa agli imprenditori geniali che hanno cambiato il nostro modo di vivere, di concorrere anche al cambiamento radicale delle regole del gioco, dopo che lui avrà azzerato il campo. È la tecnopolitica che colora di innovazione il trumpismo…” (La sinistra con poca voce, La Repubblica, luglio). L’analisi di Mauro vede la negoziazione politica, svilita dalle irritualità del trumpismo, comunque fondamentale.
Sarà il Midterm Elections a darci risposta e dirci se l’assalto a Capitol Hill sia stata eccezione.
Gli “imprenditori geniali”, certo, hanno impresso all’umanità un cambiamento epocale: loro hanno trasformato il mondo.

Si tratta ora di capire se la politica possa essere sopravanzata dalla tecnopolitica, ovviamente sulla scorta delle teoriche riferite e del disinvolto aperto disprezzo istituzionale di Trump.

Rebus sic stantibus (il latino testimonia solo l’invidia per chi ha fatto il chierichetto): l’algocrazia è alle viste?

Ruggero Roggio

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