Cronache del secolo scorso – Parte II

A. Murru, “Frontiera”, anno III, n. 6, 6 giugno 1975

Qui la prima parte dell’articolo

A Siniscola: una chiesa nuova che fece dimenticare un infame delitto

Il giorno dopo, 5 maggio, si procede al rito solenne della Consacrazione, con la pompa più fine all’inverosimile.
Il rito si protrae fin dopo mezzo giorno, con messa solenne celebrata dal Can. siniscolese Silvestro Coronas, vicario generale diocesano, ed omelia tenuta dal Teol. Gavino Dettori, rettore di Buddusò.

Nel pomeriggio del giorno seguente si amministra la Cresima a ben milleduecento persone, come ci racconta sempre il caro sindaco cronista dell’epoca. Infine si fa un giro d’ispezione per tutte le chiese della parrocchia, mentre la folla inneggiava al Vescovo ovunque inneggiava al Vicario e vieppiù ne chiedeva con insistenza la benedizione.

Così per tre giorni fu festa grande in quel di Siniscola, tutti si sentivano nobilitati e investiti del grande avvenimento che si svolgeva sotto i loro occhi e pregustavano la gioia di raccontarlo ai figli e ai nipoti nelle lunghe sere d’inverno, nelle interminabili veglie accanto al camino.
L’indomani il Vescovo parte dal paese, accompagnato fino al paese più vicino da una immensa folla, che parte a cavallo, parte a piedi lo seguiva acclamando. Presso Posada Mons. Demartis li congedò, dando loro la triplice benedizione.

A ricordo di questo avvenimento il consiglio comunale deliberava di far apporre una lapide, affinchè si ricordasse nei tempi quella fausta cerimonia.

L’anno scorso si è commemorato il primo centenario della Consacrazione della Chiesa e, seppure in modo diverso si sono ripetute le consuete scene di entusiasmo da parte di tutta la popolazione.

Ma quante cose son cambiate da allora! La fede cambia, una consapevolezza nuova è entrata negli animi, un più intimo raccoglimento, che forse prelude ad un nuovo modo di credere, adeguato ai tempi, adeguato a questa nostra civiltà di movimento, in cui ognuno sembra estraniarsi dagli altri. Ma troppo lungo e certamente non adatto alle nostre povere forze sarebbe un discorso di tal fatta, che molto volentieri lasciamo ad altri.

Quello che ora vorremmo ricordare sarebbe qualche altra curiosità di quel periodo.

Il sindaco, dalla cui cronaca abbiamo attinto queste povere note era o credeva di essere, a quanto sembra, dal suo scritto, un uomo del Risorgimento o, più propriamente un cavouriano, per quanto può esserlo uno lontano da dove i fatti storici son sentiti con più freschezza e capiti con più intelligenza. Ma egli, pur vivendo in un paesino dove tremila anime stentavano a trar fuori dalla terra il necessario per la vita quotidiana, dopo aver lodato Mons. Demartis, sembrandogli forse di aver oltrepassato la misura, che uno spirito indipendente deve tenere, ci tiene a precisare: «Noi non dipendiamo da lui che come cristiani; noi siamo civilmente e moralmente liberi, ed a sufficienza istruiti degli uomini, per non lasciarne abbindolare nella opinione, e molto meno nell’esser spinti a lodare chi di lode è indigeno».

Né manca in quella ingenua cronaca la puntata finale di amor della propria terra, da additare come esempio, pur nella sua modestia.

Così egli conclude la sua cronaca, ricordando in una volta la costituzione e la Consacrazione della Chiesa Parrocchiale e collegando i due avvenimenti con ciò che accadeva al di fuori di quel mondo chiuso ed autarchico, quale poteva essere un piccolo paese della Sardegna verso la metà dello scorso secolo.

«Quando l’empia scuola di Voltaire e più corifei dell’ateismo nella metà dello scorso secolo raddoppiarono i loro conati per abbattere l’edificio basato “supra firmam petram” sorgeva a poco a poco, quasi in trent’anni di riprese nei lavori, nell’umile paesello di Siniscola il nuovo tempio dedicato al precursore di Gesù Cristo. Ora che gli attacchi si rinnovellano più violenti e più da vicino per smantellare l’ultimo baluardo della Civiltà e del progresso, qui in Siniscola si reagisce contro l’oste nemico, ampliando ed abbellendo non solamente, ma consacrando solennemente quello stesso Tempio, che posto nel vero centro del paese animerà nei secoli venturi gli abitanti di Siniscola ad essere veri figli della Religione Romana Cattolica, e come tali veri cristiani, ottimi cittadini, sudditi fedeli della Regnante Dinastia».

Tolti gli orpelli d’una vieta retorica, chissà come giudicherebbe il presente del suo paese il buon sindaco Cav. Salvator Angelo Filippi!

La Chiesa Parrocchiale a croce latina, col suo svettante campanile, resiste ai tempi, rinnovandosi di continuo e preparandosi ai nuovi compiti che le verranno assegnati, raramente vedendo entro di sé quella grande folla, che quel lontano 5 maggio 1869 la riempì fino all’inverosimile.

Chi passi ora, ritroverà pur sempre le lapidi di marmo che ricordano quei lontani avvenimenti, che testimoniano la Storia plurisecolare della Chiesa di San Giovanni Battista in Siniscola.


Antonio Murru

Lapide in marmo all’interno di San Giovanni Battista. Foto di Salvo Marche