Le istituzioni contano. Hanno sempre contato tanto, contano e continueranno a contare. Ed è perfettamente normale che sia così.
Attraverso le Istituzioni (in questo caso, volutamente con la “I” maiuscola) si realizza il volere dei decisori, si costruiscono le politiche pubbliche, si decide insomma – e in gran parte – il destino di una comunità.
Eppure, si tende a darle per scontate. La gente comune, non per forza avvezza a questi temi (e con ragione) non si pone il problema di come sono fatte le istituzioni, vorrebbe solo che esse lavorassero meglio e producessero.
Non di più, meglio.
Perché lo scollamento tra i cittadini e la politica è anche quello dei cittadini con le istituzioni dove la politica stessa siede.
È un periodo, questo, in cui effettivamente le istituzioni – da quelle locali più vicine ai cittadini a quelle nazionali, fino a quelle europee – sono viste sempre più lontane dai problemi reali. Come se le istituzioni avessero esse stesse “un’anima” e una volontà propria, e non fossero, come sono invece, solo uno strumento nelle mani di qualcuno per fare qualcosa.
A questo sentimento di distacco non fa eccezione, purtroppo, la Sardegna, anzi.

Il cittadino percepisce lontano il Consiglio regionale sardo, tanto quanto lontani vengono percepiti, in generale, i Parlamenti nazionali o le assemblee locali in Europa.
Tuttavia, un problema di “tenuta istituzionale” in Sardegna esiste. Ma non riguarda tanto la qualità del personale politico, su cui moltissimo si può discutere (ma pochissimo lo si fa), tanto sulla capacità delle istituzioni di essere “performanti”.
Cioè, con questa parola vogliamo significare di quanto le istituzioni sarde possiedono già al loro interno tutte le condizioni per poter produrre al meglio e rispondere ai bisogni e aspettative della collettività.
L’istituzione è come una macchina: spesso, se un pezzo della macchina non funziona a dovere, esso mette in crisi il funzionamento generale della macchina nel suo insieme. Così sono le istituzioni e così è l’Istituzione sarda per eccellenza: la RAS (Regione Autonoma della Sardegna).
La Regione, per brevità, non è solo il Consiglio; ma è anche la Giunta, la Presidenza, gli enti, tutte le Agenzie che sono ad essa collegate, la macchina burocratica nel suo insieme, e così via.
Insomma, la Regione non è una, ma sono molte.
E anche qui, se uno di questi pezzi della macchina non funziona bene, si rischia di avere problemi in generale. La Regione ha un vero bisogno di essere sottoposta quantomeno a un lifting (a dei piccoli restauri…), ma poi dovrà pure essere sottoposta ad una revisione generale.
Perché affermiamo questo?
Perché è evidente che la macchina regionale non è costruita per gestire le sfide del mondo di oggi. E non è un problema solo di quella sarda.
Qualche esempio concreto?
Immaginate che ancora oggi, dal momento in cui la Giunta – organo esecutivo e politico per eccellenza, il luogo dove si dovrebbe dare esecuzione alla volontà politica della maggioranza del Consiglio regionale – prende una decisione, bisogna vedere in quale ramo amministrativo questa decisione cade per assistere ad una sua concretizzazione dopo svariato tempo.
Oppure, il Consiglio regionale tende a non rappresentare più una parte della volontà politica dei sardi (ne parlammo nel precedente articolo: qui il link). O ancora, spesso le Agenzie non hanno un rapporto strutturale con la volontà politica e tendono ad agire, nelle loro sfere, più in autonomia, e questo può diventare un problema in tutti e due i casi.

La burocrazia, vero organo centrale della Regione, non è messo nelle condizioni migliori di operare.
Non tanto i suoi dipendenti singoli, quanto l’intero apparato spesso deve rispondere ad un’organizzazione molto gerarchica (e la gerarchia in sé non è un problema se usata bene, intendiamoci) che non permette un flusso decisionale effettivo nelle decisioni: queste spesso vengono prese in ritardo, con diversi difetti e con molte mancanze.
Purtroppo il discorso è lungo e potremmo davvero continuare per un bel po’.
A malincuore dobbiamo dire che quello del riassetto istituzionale sardo è un tema elencato solo nelle dichiarazioni programmatiche delle varie coalizioni e poi perennemente disatteso, se non per alcune eccezioni, dopo le elezioni. Eppure converrebbe alla stessa classe politica metterci mano perché finalmente si potrebbe percepire (tra i cittadini) più facilmente cosa e come essa fa.
È un lavoro immane che nessuno può fare in una legislatura. ma è necessario che si cominci in maniera più strutturale.
Chissà che in questa legislatura non si riesca a partire.
Attendiamo e giudicheremo.
Carlo Pala, politologo
Per approfondire:
Helled, A. Pala, C. (2025), Adapting Nations. National Resilience Between Contemporary Statehood and Identity, Palgrave MacMillan.
Pala, C. (2016), Idee di Sardegna. Autonomisti, sovranisti, indipendentisti oggi, Carocci, Roma.
Helled, A., & Pala, C. (2024). When Nations Adapt: National Resilience between State(s) and Identity(ies). Political Studies Review, 22(1), 93-107. https://doi.org/10.1177/14789299221144620
Grimaldi, S., & Pala, C. (2024). Le elezioni regionali del 2024 in Europa: i limiti del modello di secondo ordine e la vittoria delle forze di (centro) destra. Regional Studies and Local Development, 5(RSLD VOLUME 5 ISSUE 2), 18. https://rsld.padovauniversitypress.it/system/files/papers/RSLD-2024-2-01.pdf