La carne e la memoria

Bello bello: veramente un ottimo esordio quello di Agostino Loriga, “La carne e la memoria” (Giunti, 2025, p.221, € 18,00).

Avevo dei sospetti, su lui psicologo, appassionato di letteratura: ricordo una sua presentazione de L’ultima trasfigurazione di Ferdinand, di Alberto Capitta qualche anno fa. Ovvio che abbia dimenticato le sue analisi, seppure significativa la loro amicizia. Ribadita – oggi, tra i due scrittori, leggendo tra i ringraziamenti proprio il nome di Alberto Capitta. Due indizi fanno sempre una prova.

Significativa l’ambientazione del romanzo.
Un paese del sassarese, affacciato sul golfo dell’Asinara, la sua Madonna degli ulivi, i vigneti, lo Stagno.
Porto Torres e l’industria di sfondo, talvolta accusata (forse non in questo caso, almeno in forme esplicite) dello stravolgimento dei valori di una società contadina.

Ecco Siarenas – il nome che richiama lo stormire del vento: shianesh shianesh (quasi l’evocazione dello scirocco), ne plasma il nome. In questo territorio – vero personaggio primo del romanzo, vivono gli interpreti della narrazione – ragazzi che crescono e, cresciuti, constateranno le opportunità di vita disponibili: la politica, l’imprenditoria nel turismo, il miraggio, il bar come momento di socializzazione.

Una comunità che vede erodersi le speranze ed incertezze di una industria assistita, costretta alla scorciatoia della raccomandazione del notabilato locale: l’ambizione del posto fisso, la speranza di stabilità.
E il dramma della droga.

La forte adesione al territorio ritorna altresì nell’uso della parlata locale, brevi interiezioni che evolvono nell’idioletto generazionale.
Unu è Deu, Deu è Tuttu, Tuttu è Unu. A fora lu mari”: la formula di magia bianca che ritorna a più riprese – scongiuro, talismano, superstizione. Di soprannomi, affibbiati da adolescenti, connotando chi lo porta con un marchio speciale, motivando vendetta imperitura.

Ragazzi che crescono e prendono strade diverse.
Ettore vede la droga ghermirgli l’affetto più caro: – Emilio (e la sua compagna): un fratello di latte, marcandolo con il lutto più duro. E la droga lo perseguiterà da vicino, coinvolgendo il figlio del primo matrimonio in uno sgarro di spaccio. Ettore dovrà porre riparo. La concomitanza di un viaggio a Genova, dove si deve recare l’inconsapevole Maria – seconda moglie di Ettore per una visita al Gaslini al bambino sofferente.

Nel registro tragico della narrazione la parentesi spassosa.
Cerami vivo, glie ne chiederebbe conto – ricordate il film il Mostro dove Benigni fa impazzire l’antitaccheggio delle casse? ecco qui ad impazzire sono i cani antidroga, contaminando di cocaina gli ignari partecipanti di rientro da un viaggio dell’Unitalsi a Lourdes.

Ettore si dimostrerà agli occhi della figlia Caterina “un uomo buono e protettivo”, capace di onorare gli impegni e rispettare il suo ruolo di padre previdente, attento ai pericoli delle speculazioni immobiliari. Non è da dire oltre dei personaggi e del racconto – evitare ogni spoiler!

Lasciare al lettore il gusto dei colpi di scena e la scoperta dei piani narrativi.
Poi – si sarà capito, perché il vero protagonista è il territorio: la sua cultura, lingua, vezzi ed esuberanze, le eccellenze produttive. Un monito al territorio che, – metaforicamente – negli intenti suicidari, nella droga, nelle difficoltà affettive dei personaggi induce a considerazioni pessimistiche.

Ogni mattina mi affaccio sul golfo dell’Asinara e vedo lo Stagno dove, contiguo, avrebbe dovuto svilupparsi il polo turistico di cui parla il romanzo. Ciò avrebbe potuto trascinarmi in una lettura sociologica, fuorviandomi dalla sua intensità letteraria: poeticità (lirismo non mi piace), ricercatezza nella composizione della frase, competenza narrativa ed equilibrio nella costruzione dei personaggi.

Aggiungo e sottolineo quanto difficile sia parlare di un romanzo di cui, la conoscenza diretta – ambientazione, autore, personaggi – è forte.

Di Agostino Loriga conosco capacità ed impegno nel terzo settore, quando presidente di una cooperativa finalizzata al recupero dei detenuti, li impegnava nella gestione del Centro Ecologico dello stagno di Platamona dando contenuti e senso al regime di semilibertà, regalando un’ipotesi di futuro.
Una lettura sufficientemente velata, convinto che il lettore apprezzerà il romanzo come è piaciuto a me.

Ruggero Roggio

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